Il cambiamento

“Gli errori sono necessari, utili come il pane, e spesso sono belli: per esempio la Torre di Pisa”

Gianni Rodari

Parto da questo presupposto: cambiare profondamente è difficile, quasi contro natura.

Non si cambia solo per sentito dire, solo perché qualcuno ci garantisce che è per il nostro bene.

Per cambiare l’essere umano necessita di una motivazione, di qualcosa che riconosca come profondamente importante e “che ne valga la pena”.

Proprio per questo i motori di cambiamento nella vita sono spesso le grandi gioie, i piaceri o i grandi dolori.

La sfera emotiva quindi, nella sua complessità, accompagna la crescita e la possibilità di trasformazione dell’essere umano, anche se è anche quella che spesso confonde.

Il rischio insito nel disagio psicologico e nei suoi sintomi è che, proprio perché altamente doloroso, non venga riconosciuto per quello che è, ossia come un importante invito al cambiamento e alla trasformazione, ma venga vissuto invece unicamente nella sua accezione fastidiosa o “inutile”, come qualcosa di cui vergognarsi o come qualcosa di cui si sia in qualche modo colpevoli.

Questo malessere, questo dolore o questi elementi che sfuggono al nostro controllo ed alla nostra naturale capacità di far fronte alle difficoltà, possono trasformarsi- dentro di noi- in blocchi, in conferme di incapacità, in solitudine, in senso di profonda infelicità ed insoddisfazione.

Nell’ambito della coppia, della relazione con i figli o nella famiglia tutto ciò può trasformarsi in profonda incomunicabilità e sensazione di lontananza ed incomprensione. Giorno dopo giorno si sedimentano solitudine, tristezza e lontananza che a lungo andare allontanano le persone o creano storie familiari dolorose…

Si possono adottare comportamenti e pensieri tesi ad allontanare il problema od a nasconderlo. Si può pensare che “poi passerà!“, senza valutare che una ferita infetta o mal cicatrizzata non può semplicemente scomparire. Rimane dentro di noi, nelle nostre relazioni e nella nostra visione del mondo. La stessa visione del mondo che passeremo ai nostri cari e ai nostri figli.

In quest’ottica risulta ancora più importante cogliere il messaggio “positivo” del disagio psicologico, il suo invito al cambiamento. Poter ascoltare la complessità di quello che la sfera emotiva racconta, senza richiuderla subito.

Ancora una volta lo psicoterapeuta ha la funzione, non solo di condividere la difficoltà del percorso (sia umanamente che attraverso specifiche conoscenze delle tematiche emotive), ma soprattutto quella di sostare insieme al paziente al bivio di fronte al quale egli si trova. Il bivio della sua vita.

Da un lato la vecchia strada, conosciuta ma che può farlo perdere in mezzo al bosco, dall’altro la nuova strada, ignota e tutta da costruire.

Poter sperimentare il piacere della costruzione della propria strada: questa è l’unica motivazione che permette un reale cambiamento. Nella propria vita, insieme ai propri cari, nelle proprie relazioni affettive.

La storia della famiglia Rossi

(nome di fantasia)

La famiglia Rossi arriva al mio studio perché Giovanni (15 anni) da qualche mese si rifiuta di andare a scuola. Frequenta il secondo anno di un liceo classico e, adesso che si avvicina la fine del primo quadrimestre, la famiglia è ancora più preoccupata. Si è ingaggiato un braccio di ferro tra Giovanni e i suoi genitori, in particolare con la mamma.

Al primo incontro vengono Giovanni, la mamma e il fratello maggiore. Manca il papà perché molto preso dal lavoro (gestisce un’impresa familiare che attualmente attraversa un momento di difficoltà che rende quindi impossibile il suo poter presenziare agli incontri)…tanto i “problemi” sono Giovanni e la sua testardaggine.

Il “ritiro” di Giovanni è effettivamente preoccupante (da scuola e dall’ambito delle amicizie). Sembra anche un ritiro affettivo: in seduta parla poco e si dimostra poco vitale.

Resiste solo l’attività di calcio. Da un anno il ragazzo è stato scelto per entrare in un’importantissima squadra giovani della sua città (una squadra effettivamente, nel panorama nazionale, molto importate). Giovanni è quindi una “promessa del calcio”.

La mamma segue con molta passione questo ambito della vita di Giovanni, ha stretto relazioni con gli altri genitori e accompagna il figlio ai lunghi allenamenti quotidiani. Questo ci fa capire meglio il “ritiro” del ragazzo da tutti gli altri ambiti della normale vita di un adolescente e si capisce anche   perché la coppia dei genitori si sia così sbilanciata: uno preso esclusivamente dall’ambito lavorativo e l’altra soltanto dall’ambito prestazionale di questa “giovane speranza” di figlio.

Il bivio di fronte al quale questa famiglia si trova è quello di trovare una strada alternativa, diversa. Una strada che consenta di riannodare le fila emotive per permettere al papà di rientrare nella sua famiglia, alla mamma di ridimensionare sé stessa rispetto alle aspettative sul figlio ed a Giovanni di diventare un adolescente “normale”, con i giusti pesi sulle spalle.

Nelle storie non c’è giusto o sbagliato, c’è quanto si è motivati a cambiare, a cercare e a costruire altro. E non è sempre facile.

In questa storia ognuno ha continuato per la propria strada, nella propria vita. Forse perché la posta in gioco era troppo alta. Forse perché il cambiamento era prematuro.

Il mio compito, il compito del terapeuta, è anche quello di fornire strumenti di lettura, che magari non serviranno nell’immediato ma che in futuro potranno essere utilizzati da chi, avendoli conosciuti, si sente ora più pronto e, quindi, più capace di cambiare.

Il disagio psicologico

man defeated by his shadow boxing

La complessità

man try to solve a labyring on a chalkboard